Dopo l’arresto a Dongo e il trasferimento temporaneo a Germasino, all’una di notte del 28 aprile Mussolini viene ricongiunto a Claretta Petacci e insieme vengono caricati su un’auto in direzione di Como.
Non arriveranno mai nel capoluogo lariano: dopo il fallimento del tentativo di trasportare i due prigionieri in barca da Moltrasio a Blevio, i partigiani che li scortavano decisero di tornare indietro, verso Mezzegra. Lì infatti, nella frazione di Bonzanigo, abitava una coppia, amici del Capitano Neri (Capo di Stato Maggiore della 52° Brigata Garibaldi) che sapeva erano persone fidate.
Erano Giovanni e Lia De Maria, alla cui porta bussarono i partigiani, chiedendo ospitalità per la notte per i due prigionieri. I coniugi De Maria acconsentirono e a Mussolini e alla Petacci venne offerta una camera per riposare.
Nel pomeriggio del 28 aprile, a Mezzegra giunge Walter Audisio “Colonnello Valerio”: con altri partigiani sollecita Mussolini e la Petacci a lasciare rapidamente l’abitazione dei De Maria. I due prigionieri vengono così condotti sul luogo dell’esecuzione: in una strada stretta e riparata, davanti al cancello di Villa Belmonte a Giulino di Mezzegra.
“Valerio” pronuncia la condanna: <<Per ordine del Comando Generale del CVL sono incaricato di rendere giustizia al popolo italiano>> e alle h. 16.10 Mussolini e la Petacci vengono fucilati.
Oggi, sul luogo della fucilazione, si trovano una croce e le foto del Duce e di Claretta.
Poco più avanti, un cartello del progetto “La fine della guerra”.
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Il 24 marzo 1976 nel paese inizia una dittatura che costò la vita a 30.000 persone e che ha smantellato l’apparato produttivo del Paese. Di seguito un articolo apparso sulla rivista Siete Dias Illustrados, e pubblicato il 26 marzo 1976, appena due giorni dopo il colpo di stato argentino. Continue reading
900 (Ленинград)
Manuel Santillán, il “Leone” dell’America Latina
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Era una fredda notte nel porto di Buenos Aires, una leggera pioggia inumidiva la città e il cielo era plumbeo. Le strade deserte. In quel periodo, a quell’ora, difficilmente si potevano trovare persone in giro. Una lampada illuminava in maniera debole il vicolo, la strada era scivolosa a causa della pioggia e gli edifici chiusi con porte e finestre sprangate. Conosceva perfettamente la zona, migliaia di volte aveva percorso quelle strade labirintiche, ma sentiva che, probabilmente, non lo avrebbe fatto più. Continue reading
L’insostenibile leggerezza della rivoluzione
28 giugno 1914: l’attentato di Sarajevo
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Medea (Seneca)
MEDEA
Potesse, questa mano, saziarsi d’un solo delitto, non avrebbe nemmeno cominciato. Anche se li uccido tutti e due, è poco per il mio odio. Se c’è nel mio grembo, nascosto, un tuo germe di vita, mi frugherò il ventre con la spada per strapparmelo via. Continue reading